Lionello Venturi (1885-1961)
Lionello Venturi non era un uomo politico ma uno storico dell’arte.
Fu attraverso la sua vita professionale che arrivò a scontrarsi con il fascismo, fino a rifiutarsi di giurare fedeltà al regime e scegliere invece di emigrare. Non fu un processo veloce né lineare, ma la sua storia è utile per capire quanto sia difficile convivere con una dittatura.
Aveva studiato all’Università di Roma sotto la guida del padre, primo professore di storia dell’arte nella nuova Italia unita dal Risorgimento. Aveva poi diretto importanti musei a Venezia e a Roma e nel 1914 era diventato professore all’Università di Torino.
Le sue idee sull’arte erano però incompatibili con la dittatura, che aveva cominciato a affermarsi contro i socialisti e che sarebbe diventata definitivamente tale con le “leggi fascistissime” che a partire dal 1925-26avrebbero proibito i partiti politici, reso inutili le votazioni e abolito le libertà di stampa, di associazione e di sciopero. Lionello Venturi sosteneva che ogni artista, per essere davvero tale, doveva essere pienamente libero di sviluppare il suo “gusto”, indipendentemente da ogni identità nazionale, sociale o politica. Ma nel decennio precedente il regime era stato molto più possibilista e per alcuni anni Lionello Venturi cercò di convivere con il regime. Nel 1921 era stato presidente della Società di cultura di Torino animata dai progetti di Piero Gobetti, e anche in seguito cercò di difendere gli allievi antifascisti colpiti da misure di polizia, forte di una rete di contatti che in parte gli consentiva di conservare la sua libertà. Era una strategia difficile, che si fondava sulla volontà di conservare il proprio ruolo continuando a utilizzare le strutture di uno stato in rapida trasformazione. Nel 1924 ottenne che suo padre venisse nominato senatore, ma rifiutò di iscriversi al partito fascista e si avvicinò sempre più a Benedetto Croce, simbolo del dissenso liberale.
Alla fine degli anni ’20 le autorità cominciarono a cercare di limitare i suoi viaggi di studio in Europa e negli Stati Uniti, le sue lezioni nelle università americane e le sue ricerche internazionali di opere d’arte per il grande collezionista Riccardo Gualino. Il fallimento e l’immediato arresto di Gualino dopo la grande crisi del 1929 fecero crollare anche le libertà intellettuali e di movimento di Lionello Venturi, mentre il governo gli negava l’accesso alla cattedra di Roma che era stata di suo padre e contemporaneamente la polizia arrestava il figlio diciassettenne, accusato di cospirazione antifascista. In questo quadro, nell’estate del 1931 venne chiesto ai professori universitari di giurare fedeltà al fascismo e di impegnarsi a educare i propri studenti secondo le direttive del governo. Su circa dodicimila docenti, furono poco più di una dozzina a rifiutare di sottomettersi, poiché la Chiesa, i partiti d’opposizione clandestini e i maggiori intellettuali liberali italiani invitarono a prestare un falso giuramento per poter continuare a controllare l’educazione dei giovani. Convinto dalle sue dirette esperienze, Lionello Venturi scelse invece la via della rottura: il rifiuto del giuramento, la perdita della cattedra e l’esilio, prima in Francia poi negli Stati Uniti. Iniziava così una nuova vita, poiché a Parigi sarebbe diventato uno dei principali finanziatori del movimento antifascista rivoluzionario “Giustizia e Libertà” fondato da Carlo Rosselli, e negli Stati Uniti sarebbe stato politicamente attivo vicino a Gaetano Salvemini. Solo dopo il 1945 arriverà a insegnare storia dell’arte all’Università di Roma.